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Due omicidi nel Parco Verde di Caivano: 4 misure cautelari

Due omicidi nel Parco Verde di Caivano: 4 misure cautelari

Questa mattina, presso gli istituti penitenziari di Carinola (Caserta), Terni, Sulmona (L’Aquila) e Livorno, i Carabinieri della Compagnia di Casoria hanno dato esecuzione a una misura cautelare personale (4 ordinanza di custodia cautelare in carcere), emessa dal G.I.P. del Tribunale di Napoli su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia partenopea, nei confronti di 4 indagati (tutti detenuti per altra causa), ritenuti gravemente indiziati a vario titolo dei reati di omicidio aggravato dalle modalità mafiose, detenzione e porto illegale di armi comuni da sparo in luogo pubblico, danneggiamento a seguito di incendio, violenza e minaccia aggravate dal metodo mafioso.

Le indagini, condotte dai militari della Sezione Operativa della Compagnia di Casoria e coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, sono state avviate all’indomani di due omicidi commessi in Caivano nei mesi di agosto e ottobre 2014, in danno di 2 pregiudicati del luogo, ritenuti intranei al gruppo camorristico Ciccarelli, coinvolti nelle dinamiche di spaccio del rione Parco Verde.

Le indagini, svolte mediante attività tecniche, riscontri sul territorio e su impulso di dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, hanno consentito: di identificare esecutori e mandante degli omicidi commessi all’interno del Rione Parco Verde di Caivano in danno di Gennaro Amato, attinto mortalmente da diversi colpi d’arma da fuoco la mattina dell’8 agosto 2014 e di Emilio Solimene, attinto a colpi d’arma da fuoco la mattina del 13 ottobre 2014 nei pressi di un bar; di inquadrare i due omicidi come conseguenza di una frizione interna al gruppo camorristico Ciccarelli, poiché le vittime, estranee a quel contesto, avevano intrapreso iniziative autonome non accettate dai vertici del clan; di identificare gli autori dell’incendio di un’auto in uso alla madre del Solimene, avvenuto il 30 ottobre 2014 a Caivano (Na), quale atto intimidatorio decretate dal capo clan per intimorire la donna che in quel periodo aveva diffuso notizie all’interno del Rione sui presunti responsabili dell’omicidio del figlio.